CHE COS’È LA FILOSOFIA. HEIDEGGER E LA QUESTIONE TEDESCA. CONCERTO DA TAVOLO Performance di Fabio Mauri

16 Maggio - 30 Giugno 1989

Heidegger – questione tedesca.

Atto in mostra. Con la partecipazione del filosofo Giacomo Marramao.

In esposizione fino al 30 giugno tavole

su Manipulation der Kultur.

 

 

 

FABIO MAURI-CHE COS’E’ LA FILOSOFIA. HEIDEGGER E LA QUESTIONE TEDESCA

 

Comunicato stampa

 

Concerto da tavolo “Che cos’è la filosofia. Heidegger e la questione tedesca” è il titolo di un “concerto da tavolo” che Fabio Mauri ha ideato e si terrà martedi 16 maggio alle ore 19:00 nella galleria del Centro Multimediale “Quarto di Santa Giusta” a L’Aquila. Prodotto dal T.A.D.U.A. ed eseguito da dodici allievi dell’Accademia di Belle Arti, lo spettacolo da camera si avvale della violoncellista Norma Pallaroni e della presenza in scena del filosofo Giacomo Marramao. “Io non intendo fare “arte”, dice Mauri. Non ho questa intenzione. Non l’ho più!. Voglio solo “vedere” le cose che mostro. Anche il pubblico è un’immagine dello stesso tipo, già presente, assai prima di sedere qui, e altrettanto significativa ed ugualmente enigmatica”. Anche questa volta Fabio Mauri ha scelto L’Aquila, come nel 1980 con lo spettacolo “Gran Serata Futurista 1909-1930” che riscosse un grandissimo successo in tutta Italia, e fu ripetuto in nuove edizioni nel 1982 e nel 1986 a Venezia in occasione della mostra “Futurismo e Futurismi” a Palazzo Grassi. Questo “concerto da tavolo” o “atto in mostra” come lo definisce Mauri, è un esercizio sperimentale, che opera, con autorità, in uno spazio espressivo intermedio tra la pittura, il teatro, la performance e la musica. L’intervento del filosofo Giacomo Marramao non è confinato esclusivamente in un ruolo di “comparsa” o di “attore”, è un reale intervento “filosofico”. Marramao, si sa, ha studiato in Germania ed è un profondo conoscitore della lingua e della cultura filosofica tedesca. La scelta dello spazio della Galleria per questo spettacolo fa parte di una precisa logica concettuale: una stanza da esposizione per un evento folto e drammatico.

 

EIN BRUCKENPARTIZIP MUSS SCHWINGEN Un ponte quanto mai vibrante.

DAMASKUS’ ROSENDUFT/SCHLAGT AUF (…) / WIE EINE FLAMME

Il profumo delle rose di Damasco erompe verso il cielo/qual fiamma

DA SCHWEBTE UNTER VIELER GLOCKEN GEZYMBEL (…) DES LEBENS NAHRMUTTER UND

FURSPRECHERIN, UNSER ALLER SONNE, IN HEILIGER FRUHE.

Allora, fra i cembali di molte campane, la nutrice della vita, che ci persuade a vivere, il sole che è di noi tutti, sorse nell’ora sacra del mattino.

EIN PFERDCHEN STOLPERT OBER EINE DAME/EIN SAUGLING WILL EIN WEICHES WEIR

BESUCHEN

Un cavalluccio inciampa passando sopra una signora. Un poppante vuol fare una visita ad una donna soffice.

EIN ROT, EIN GRUN, EIN GRAD VORBEIGESENDET, EIN KLEINES KAUM BEGONNENES

PROFIL

Un rosso, un verde, un grigio hanno emesso, un profilo appena accennato

NICHTS

Nulla.

AUF

EINMAL IST ER TOT. WO IST SEIN LEBEN?

E d’improvviso è morto. Dove la sua vita?

MUSS SCHWEREN SCHALAF VON GRAUEN LIDERN STREIFEN

Pesante sonno deve dalle grigie palpebre detergere.

EIN KINDERWAGEN SCHREIT UND HUNDE FLUCHEN

Una carrozzella da bambini urla e cani bestemmiano.

AN EINEM FENSTER KLEBT EIN FETTER MANN

Ad una finestra è appiccicato un uomo grasso.

ICH BIN JA NOCH EIN KIND

Poichè sono ancora un bambino.

DOCH UBER ALLEN WORTEN/VERKUND’ ICH MENSCH, WIR SIND!

Ma al di sopra di ogni altra parola ti annuncio, uomo: noi siamo.

 

Le frasi sono tratte a caso, o per motivi fonetici, da Becker, Heym, Lichtenstein, Werfel e Rilke. Non vengono dette secondo il loro senso originario.

 

FABIO MAURI

CHE COSA E’ FILOSOFIA. HEIDEGGER E LA QUESTIONE TEDESCA

Concerto da tavolo

 

Comunicato Stampa

 

 

Ho deciso di porre in atto questa scena per non perdere la mano. Sono miei temi e atti di anni che vanno dal 1970 al 1980.

“Che cosa è filosofia Heidegger e la questione tedesca” è allestito, una volta di più, con il sistema del “Museo delle cere” intrecciato a quello degli “Esercizi spirituali”. Ridare vita a figure immobili di modo che l’attualità si riprenda il suo segreto (o tema intero), e restituisca con esattezza gli “inspiegabili”. In arte, come si sa, (forse non si sa diffusamente), l’enigma è doppio, quello dell’arte racchiude in sè quello del mondo, però lo rende formalmente praticabile. Qui si sgranano e ricompongono gli elementi che formano l’ibrido di un vecchio interrogativo: cosa è la Germania? E’ l’Europa? Che significa essere Europa? Non è stata Europa la Germania del ’30 e del ’40? Io credo lo sia stata. Credo che la natura (la cultura della natura) della Germania riguardi strettamente l’identità europea. Il concerto di significati si muove sul tavolo, poco più in là del cibo. Il rito conviviale non allontana ma si fa più prossimo all’enigma.

Che cosa si sperimenta? Da che parte si situa il giudizio?

Nei giudizi stessi che vi si intravvedono? L’insieme del rito, in conclusione armonico, di una forma così unitaria d’arte, impasta e confonde le differenze? Vi prego di farmi sapere. Io per me so che i problemi irrisolti possiedono l’invisibile e irresistibile prerogativa di restare intatti. Ma, ci si chiede, spetta a l’arte di risolvere i problemi del mondo?

Io credo che l’arte non abbia contenuti propri. E nemmeno l’arte sia contenuto dell’arte, sebbene conosca il successo della tesi opposta. L’arte, se è qualcosa di teoricamente definibile, si può dire con probità che è il luogo della forma definitiva del discorso, luogo apparentemente converso in una metafora geometrica, concavo il punto o la facoltà di accoglimento di temi all’interno di una potenza libera e mimica decisiva, capace di restituirseli per intero, di nuovo, integri e in primo piano. E di venirne a capo. Qui centra l’autore, certo. Ma è come se non v’entrasse del tutto, esclusivamente lui.

Le forme fanno giustizia da sole del terra e di se stesse, comunicando l’inesperienza poco duplicabile, un lampo di luce, accostamenti impropri che rendono partecipi del loro incognito senso accostamenti altrove propri.

Sto dicendo che lei poesia dice il ‘vero’?

Credo di si, però con una cautela: la poesia ha sempre bisogno di un mondo, in questo caso, questo mondo. L’arte può dare e ascoltare cose che non possono essere dette e ascoltate altrove. Non impunemente.

Ripeto: fatemi ‘sapere’.

Fabio Mauri Una scena per Heidegger

 

Una tesi dura (…«cosa è la Germania? L’Europa? Che significa essere Europa? Non è stata Europa la Germania del ’30 e del ’40? Io credo lo sia stata»), ma travesti tra gioco scenico, scarno nella messa in opera e raffinato nelle intenzioni, di continuo alternato tra le registrazioni di un Octoberfest saltellante e sanguigno e quelle, devastanti nella traduzione flautata dell’interprete, del processo Eichmann.

Fabio Mauri ha messo in scena “Heidegger e la questione tedesca” ieri sera al Quarto di Santa Giusta: un concerto da tavolo, perchè su tavolo si svolge, quadrato, allargato ad occupare quasi tutta la stanza e intorno il pubblicocommensale si siede e, con qualche esitazione iniziale, mangia crauti e salsicciotti e beve birra, fra armonie di Bach (registrate) a dissonanze di Berg, Webern, Shconberg (eseguite da Norma Pallaroni al violoncello). E sul tavolo gli attori (dieci allievi dell’Accademia di Belle Arti, in cui Mauri è docente di Estetica), ripetono di continuo, circolarmente, in tedesco, sempre le stesse brevissime frasi, tratte a caso o per motivi fonetici e non nel loro senso originario, da Becker, Heym, Lichtenstein, Werfel e Rilke, e sempre circolarmente si muovono con cadenza ritmica spezzata a tratti da un valzer lento, mentre fra loro un credibilissimo Heidegger e il professor Giacomo Marramao, docente di Filosofia tedesca all’Orientale di Napoli e già apprezzato (vezzo da intellettuale) in “Cavalli si nasce” di Staino. La breve scena (un’ora appena) è prodotta dal Teatro accademico dell’Universita dell’Aquila, che si conferma unico approdo possibile della sperimentazione.

 

da IL MESSAGGERO 17 Maggio

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