AD USUM FABRICAE Mostra d'Arte Contemporanea a cura di Gianni Fileccia e Tullio Catalano

Settembre – Ottobre 1995


“AD USUM FABRICAE” – a cura di Gianni Fileccia e Tullio Catalano

 

Mostra d’Arte Contemporanea che si è svolta presso la Chiesa di S.Domenico e il Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea.

“AD USUM FABRICAE”

L’Aquila 23 settembre 1995 ore 18.00

Il Comune, unitamente alla collaborazione della Regione Abruzzo, stimolato dalle intenzionalità del progetto “OIKOS” nato da esigenze espresse da forze politiche e culturali operando sul campo, intende allestire negli spazi della ex Accademia delle Belle Arti, ora Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea, e nella Chiesa di S.Domenico a L’Aquila, una mostra di arti visive contemporanee, affinchè si rendano del tutto concrete le potenzialità creative e le possibilità organizzative autonome, capaci di sottolineare, al contempo, le risorse presenti nel territorio. La decisione di utilizzare tali spazi è nata dalla consapevolezza che le predette ubicazioni possano confermarsi come veri luoghi urbani, in quanto suscettibili di mantenere una riconoscibilità e identità culturale che deriva loro dal ruolo storico che esse hanno indubbiamente svolto fino ad ora e che solo evitando l’interrompersi del flusso degli eventi particolari che le hanno caratterizzate, è possibile impedirne la trasformazione in una vuota spoglia edilizia senza più memoria urbana, e sulla quale ogni opera di restauro diverrebbe un pedante intervento di protezione civile o di mero paradigma decorativo. Muovendo da tali considerazioni preliminari, la rassegna “AD USUM FABRICAE” intende raccogliere le opere di artisti tuttora viventi nelle quali sia espresso il rapporto Arte/Architettura, nelle varianti e variabili sotto le quali tale rapporto può comunque manifestarsi; ossia nell’ampio ventaglio che può andare dalla rappresentazione dell’architettura fino alla rappresentazione in quanto architettura. Più precisamente e in generale, la mostra intende configurarsi come una selezione (non certo esauriente, ma rappresentativa) di opere che permangono sulla soglia dei due termini messi in gioco, e che potrebbe anche definirsi come quella del “progetto”, inteso però più estesamente quale epifania di un’idea determinata dello spazio e del tempo. I promotori della mostra intendono scegliere gli autori da liste non precostituite ed evitare selezioni condotte su campioni stilistici o banalmente generazionali; quindi le scelte verranno fatte a partire dalla pertinenza di opere già realizzate o realizzabili nel contesto, comunque capaci di collocarsi in modo del tutto organico e capillare all’interno del proposito tematico prescelto. Detto ciò è stata prevista tra gli altri la presenza di opere a/o interventi al vivo di: Accardi, Bagnoli, Barlafante, Bassiri, Baruchello, Castellani, Catalano, Di Febo, Fabro, Galizia, Garutti, Kounellis, Mariani, Mauri, Messina, Merz, Nannicola, Nunzio, Paolini, Pisani, Pistoletto, Piunti, Raschiatore, Spalletti. Nel periodo della mostra saranno promossi incontri e dibattiti con critici, artisti, storici dell’arte e dell’architettura, che forniranno anche i contributi letterali per la stesura del catalogo della mostra, necessario ausilio per mantenere vivo il dibattito sulle problematiche artistiche a territoriali, di ordine sociale e culturale, analitico e programmatico, al di là e oltre le circostanze attraverso cui “Ad Usum Fabricae” possa attivare la funzione di topos simbolico e il senso più autentico di “genius loci”, con l’auspicio che essa non si esaurisca nel solo evento espositivo ma possa inaugurare una chiave di lettura per colmare una lacuna e soddisfare un’ipoteca culturale a lungo protrattasi, nell’endemico e latitante rapporto, non sempre idilliaco tra Arte a Istituzioni.

Gianni Fileccia

Enrico Sconci

 

 

 

 

 

 

L’Aquila apre le porte all’arte contemporanea.

L’AQUILA. Si apre oggi alle 18 all’Aquila la mostra “Ad usum fabricae”, organizzata dal Museo sperimentale d’arte contemporanea nei propri locali e nella chiesa di San Domenico. L’apertura della mostra avverrà contemporaneamente nelle due sedi in modo che gli intervenuti possano osservare le opere nelle migliori condizioni. Con questa mostra Enrico Sconci riporta all’Aquila personaggi di rilievo internazionale assenti da anni dalla vita figurativa della città. Basterà ricordare Enrico Castellani (visto nei giorni scorsi mentre preparava la sua sala), Nunzio, di origini abruzzesi, Jannis Kounellis. Le opere che hanno bisogno di particolare scenografia sono esposte nei locali della ex Accademia di Belle Arti, riadattati ai bisogni del Museo sperimentale creato di recente; le altre opere sono esposte nelle vaste navate della chiesa di San Domenico, dove anche l’organo del Conservatorio sarà sfruttato in un lavoro di Fabio Mauri. Gli artisti riuniti da Sconci per la rassegna sono: Accardi, Bagnoli, Barlafante, Baruchello, Bassiri, Castellani, Catalano, Di Febo, Fabro, Galizia, Garutti, Kounellis, Mariani, Mauri, Merz, Messina, Nannicola, Nunzio, Paolini, Pisani, Pistoletto, Piunti, Raschiatore e Spalletti. Ci sarà dunque molto da vedere e da discutere; ed è bene per una città nella quale la conoscenza diretta del linguaggio figurativo sperimentale pareva circoscritta a episodi estemporanei. (w.t.)

 

 

AD USUM FABRICAE… E PARTE IL MUSEO SPERIMENTALE D’ARTE CONTEMPORANEA DELL’AQUILA

di Angela Ciano

 

Dal 23 settembre al 23 ottobre. Un mese interno per vivere da vicino le opere di artisti d’avanguardia nel panorama dell’arte contemporanea internazionale. Finalmente l’Aquila ha il suo atteso e meritato Museo.

Accardi, Bagnoli, Barlafante, Baruchello, Bassiri, Castellani., Ca talano, Di Febo, Fabro, Galizia, Garutti, Kounellis, Mariani, Mauri, Merz, Messina, Nannicola, Nunzio, Paolini, Pisani, Pistoletto, Piunti, Raschiatore, Spalletti. E’ l’elenco di tutti gli artisti partecipanti ad una mostra che, grazie a queste presenze, si configura come un vero e proprio evento per le arti visive. Soprattutto quando la città dove si svolge è L’Aquila che, in fatto di mostre d’arte contemporanea, non offre molte occasioni di rilievo. Ad Usum Fabricae”, è questo il titolo della rassegna, nasce sotto tutti i migliori auspici. Intanto per la massiccia presenza di artisti fondamentali per l’arte contemporanea internazionale e accanto ad essi gli artisti più all’avanguardia del nostro territorio, poi perchè la mostra è stata resa possibile grazie anche alla partecipazione di due enti importanti come il Comune dell’Aquila e la Regione Abruzzo. Quest’ultimo fatto è indicativo di come, finalmente, le istituzioni pubbliche si stiano accorgendo che l’arte contemporanea è un settore imprescindibile per il panorama culturale di una città. Torniamo però alla mostra che, nelle intenzioni degli organizzatori, non è stata pensata semplicemente come una serie di artisti scelti in base a campioni stilistici o banalmente generazionali: la mostra vuole essere una vera e propria selezione di opere che si collocano sul confine tra i due termini posti in gioco, architettura ed arte appunto. Ad Usum Fabricae, allora, si può intendere anche come momento di incontro scontro di opera d’arte e opera architettonica, più esattamente come un’epifania dello spazio e del tempo. Contenuto che agisce, o meglio interagisce, con il suo contenitore. In questo caso il contenitore sono le sale del Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea, più note come ex accademia (Corso Vittorio Emanuele, 124), e la chiesa di S.Domenico. Cosi, la rassegna, si pone un altro obbiettivo fondamentale quello del recupero di luoghi importanti alla memoria storica della città.

 

AD USUM FABRICAE

Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea Chiesa di San Domenico L’Aquila, Settembre Novembre 1995

Fabio Mauri, “ZAIRE” L’Aquila, Chiesa di San Domenico. 4 Novembre 1995. Il coro nero di una comunità dello Zaire, diretto da Padre Bita e da Akma Lèon, terrà i suoi esercizi spirituali, nella chiesa, di fronte all’organo che fa parte dell ‘installazione di Fabio Mauri. Il coro è religioso. I testi, biblici, sono cantati nella lingua dello Zaire e accompagnati da tam tam. La sacralità presunta dell’arte, che Mauri da tempo sostiene, ospita con naturalezza una sacralità dichiaratamente religiosa. In questa variopinta performance, nella quale i cantori, residenti a Roma, sono Africani e non Neri Americani, Fabio Mauri rafforza il titolo stesso della sua installazione: “L’arte ha persino incertezza, non la musica”. La musica, il canto, non hanno bisogno di dimostrare la propria legittimità. Sono concreto e inequivocabile segno intellettuale e spirituale. L’arte dunque lo è. Quell’intenzione espressiva che riesce a fornire un’interpretazione del reale e persino del trascendente, comunicandone con un mezzo semplice la complessità e la profondità, la bellezza dell’uomo, dei suoi sentimenti e pensieri.

 

Il Museo sperimentale e la chiesa di S. Domenico, che ospitano l’iniziativa, “restituiti” al visitatore

Viaggio tra arte e arhitettura

E’ di grande presa emozionale la mostra “Ad Usum Fabricae”

Si prepara ad ospitare una perfomance di Fabio Mauri “Ad Usum Fabricae”, la mostra ospitata dal Museo sperimaentale d’arte contemporanea e dalla chiesa di San Domenico. Come suggerisce il nome, la mostra è un viaggio nell’arte che si interroga o si definisce sul confine dei territori dell’arte e dell’architettura. Concetto che si traduce in molte forme, cosicchè alcune delle opere in visione rendono concreta la tensione dell’arte a farsi dimensione abitabile per l’uomo, altre la intellettualizzano, altre la traducono in poesia. I due spazi cittadini che ospitano la mostra e la cui scelta si veste del senso di restituire fruibilità e funzionalità a spazi di differente tradizione – la scuola, per l’appunto e la chiesa sconsacrata – fanno fare al visitatore attento un’esperienza utile. Niente è più soggettivo del gusto, ma “Ad Usum Fabricae” possiede una in cui la presa emozionale su chi guarda e variamente vive la dimensione sensoriale che crea, avviene. Al Museo sperimentale le opere rispettano la istituzionalità del luogo. Sono differentemente collocate sulle pareti e qualche volta giocano con lo spazio vuoto a creare ambienti. La funzione emozionale straripa nella chiesa, dove le opere nel loro prodursi hanno combattuto la possanza architettonica preesistente e si sono imposte l’obbligo di farle fronte. Ma senza subirla. E il risultato è una dimensione spazio-temporale peculiare. Le opere datano al 1995 e pur premeditate strategicamente, sono nate in loco. Questa collettività sostanziale del processo ha dato immediatezza, vitalità e attualità al concetto di “fabrica” che era nei programmi e un plus valore di emozionalità all’intera operazione. “Ad usum fabricae” è l’epifania attesa dell’altra arte e anche quella, necessaria, di un altro modello di proposta culturale .

 

Spazio alla performance.

La “performance” è la linea di confine tra le arti plastiche e il teatro e prende origine dall’esperimento di usare gli esseri umani come elementi artistici meccanici, segni in movimento.

Fabio Mauri, quale senso aggiunge la performance allo spazio già occupato dall’arte?

“Dal momento che una performance è un’opera in sé, sarebbe come aggiungere un quadro all’altro. Però è anche vero, data la componente teatrale della perfomance, che questa può diventare qualcos’altro. Diciamo che è la cassa acustica di un’installazione muta. Come tale, è una buona compagnia di un’opera ed è essa stessa opera” Qual è il significato del titolo del suo lavoro (L’arte ha perfino incertezza, non la musica)?

“Che l’arte dubita integralmente di se stessa. Rispetto alle altre attività dell’uomo e alla stregua della letteratura, non possiede una definizione ultima. Non è così per la musica. Appena qualcuno canta o suona, si smette di discutere sulla legittimità della musica come espressione. Ma se la musica dimostra di essere manifestandosi, allora anche l’arte è. Cosa c’è nella mia installazione? Un bell’organo e ai lati residui di opere. L’autodistruttività delle arti plastiche è paragonata alla compiutezza della musica. L’operazione artistica è in questa domanda, come dall’incertezza comparativa si possa arrivare a dimostrare che l’arte è”.

 

“ZAIRE”

Il coro nero di una comunità dello Zaire, diretto da Padre Bita e da Akma Léon. terrà i suoi esercizi spirituali. nella chiesa . di fronte all’organo che fa parte dell’installazione di Fabio Mauri. Il coro è religioso. I testi, biblici. sono cantati nella lingua dello Zaire e accompagnati da tam-tam.

La sacralità presunta dell’arte, che Mauri da tempo sostiene. ospita con naturalezz8 una sacralità diehiaratamente religiosa. In questa variopinta performance, nella quale i cantori, residenti a Roma, sono Africani e non Neri Americani. Fahio Mauri rafforza il titolo stesso della sua installazione: “L’arte ha persino incertezza. non la musica”.

La musica, il canto, non hanno bisogno di dimostrare la propria legittimità. Sono concreto e inequivocabile segno intellettuale e spirituale. L’arte dunque lo è. Quell’intenzione espressiva che riesce a fornire un ‘interpretazione del reale e persino del trascendente, comunicandone con un mezzo semplice la complessità e la profondità, la bellezza dell’uomo, dei suoi sentimenti e pensieri.

 

FABIO MAURI

 

Tutti gli artisti e le opere in esposizione

Il Museo Sperimentale ospita: Baruchello, “Una case in fil di Ferro”; Accardi, “Diagonale”; Paolini, “Senza titolo”; Castellani, “Muro del Tempo”, “Asse di equilibrio”, “Libro”; Kounellis, “Senza titolo”; Fabro a Casa degli Artisti, “Bonjour Ms Cezanne”; Nunzio, “Nè partenze nè ritorni”; Spalletti, “Senza titolo”; Di Febo, 1995; Galizia “Configurazione di un mutamento”. A San Domenico sono: Ga rutti, 1995; Barlafante, 1995; Mariani, “Care cittA traditri ce”; Nannicola, “Attraversa menti”; Pistoletto, “Installa zione”;Piunti, “Senza titolo”; Bassiri, “Pendio”; Catalano, “Je t’aime Claire Selavy too”; Bagnoli, “Spazio per Tem po”; Raschiatore, “Pegaso”; V. Messina, “Due Gnestre d’Europa”; Pisani, “Edipo e la Sfinge”; Mauri, “L’arte ha perfino incertezza, non la musica”.

 

IL MESSAGGERO MERCOLEDI’ 18 OTTOBRE 1995

 

 

 

IL SOLE 24 ORE

– Domenica 8 Ottobre 1995 –

L’Aquila

di Carolyn Christov-Bakargiev

“Ad usum fabricae”, per l’uso della fabbrica: materiali per una costruzione reale e simbolica, l’architettura come prima fra le arti e pertanto tema di una mostra d’arte contemporanea, l’opera d’arte come progetto, come radice, come programma. Sono questi alcuni dei temi della mostra in corso fino alla fine di ottobre nell’Ex Chiesa di San Domenico e nella vecchia sede dell’Accademia di Belle Arti dell’Aquila. In quella antica e pietrosa città, che la sera è già percorsa da un’aria fredda di montagna abruzzese, “Ad usum fabricae” ideata da Tullio Catalano e Gianni Fileccia e accompagnata da un catalogo con testo di Laura Cherubini è una mostra “fuori circuito”, che raccoglie opere di più di venti artisti italiani. E’ una mostra fatta quasi senza sponsor, senza pubblicità, senza spettacolo, ma colma di belle opere e dove si respira l’impegno reale e diretto di molti, un’aria di libertà dai condizionamenti imposti dal sistema dell’arte, un curioso connubio fra qualità e salutare mancanza di controllo e di professionalità. Chi conosce Tullio Catalano, co-fondatore negli settanta di uno fra i gruppi artistici più dinamici della capitale, gli “Uffici per l’immaginazione preventiva” può ben immaginare l’atteggiamento “aperto” di questa iniziativa aquilana che non è omogenea ma nell’insieme ha la fisionomia normale della vita. Partecipano giovani come Di Febo, Galizia e Piunti, quest’ultimo con una storia di istituzionalizzazione alle spalle. Partecipano artisti dai nomi già noti come Garutti, Nunzio, Messina e Bassiri, e partecipano artisti che hanno segnato profondamente l’arte contemporanea già negli ultimi decenni come Accardi, Baruchello, Castellani, Fabro, Kounellis, Mauri, Merz, Paolini, Pisani, Pistoletto, Spalletti. Pistoletto ha preso spunto dal restauro “laico” e moderno che ha subito la chiesa di San Domenico, un restauro che ha lasciato uno spazio vasto ed elegante, senza icone, dove ogni cornice in stucco sulle pareti laterali è diventata cieca, poiché non offre più l’immagine religiosa di antiche tele. Poi l’artista ha preso uno specchio grande come una di quelle cornici, l’ha rotto e dunque moltiplicato, e ne ha posto un frammento in ognuna dei dodici spazi vuoti, restituendo così un’immagine riflessa, sebbene spezzata. Fabro, nella vecchia Accademia, accoglie i suoi amici della Casa degli artisti di Milano, con i loro pensieri, le loro opere, i loro progetti. All’ingresso di questa “casa” dell’arte, Fabro ha anche aperto una vorticosa fuga prospettica: una finestra interna da cui il visitatore scorge un secondo ambiente, aperto su un’altra stanza da una breccia praticata nel muro vicino al quale è sospeso un triangolo (la misura, il pensiero). In fondo a questo terzo ambiente è aperta una finestra cha da finalmente sull’esterno, ma la cui visuale è nuovamente chiusa dal muro dell’edificio di fronte. Forse ci sarà sempre un muro, al di là, ma intanto proviamo ad aprire, pare dire l’artista.

“Ad usum Fabricae” L’Aquila. Ex Chiesa di San Domenico fino al 31 ottobre.

 

 

 

 

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