RICTUS VIVANTS Mostra d'Arte Contemporanea Collettiva

16 - 30 Novembre 1996

VARIUX MULTIPLEX MULTIFORMIS EVENTS

 

Un “TELAIO” chiude un vuoto: un telaio che chiude un vuoto racchiude ogni “evento” della storia.
Un telaio che chiude un vuoto non è vincolato allo spazio, ma esso è “cinetico” emendando direttrici motorie libere in ogni verso. Un siffatto “gioco”, se per un istante lo fissiamo, rischia di farci divenire fruitori umanisti di opere centriche con la tipica tentazione di opera a organico unitario. L’artista ha conoscenza degli inganni e delle illusioni che ne derivano, egli esclude superuomo e sublime classico, ma li coinvolge, anzi sembra volerli ospitare nei suoi dinamici telai, che frattando si sono aggregati moltiplicandosi, come acrobati inalberati secondo una “LOGICA” ico genetica. Il “come” è d’obbligo; la similitudine difatti riferisce l’identità logica dell’organico delle figurazioni “classiche” della FORMA, dove la creatività procedeva per vincoli fissi dello spazio nello spazio-tempo. Qui il VINCOLO è solo virtuale; l’albero generico sussiste per l’istante sublime del linguaggio precario, e il suo sussistere è la negazione del “logos”. Il gioco è aperto tra necessità e necessità disidentica. Tra i telai montati come “mobile” di una torre vandersburghiana, gli ospiti giungono
quali AFORISMI SEDOTTI dalla mano umbratile fabulatoria del regista che demonicamente li mena e dispone a scoprire l’evento sommo…quello attraverso cui la morte della luce genera luce, e la morte della storia, partorisce storia nuova. Vengono gli ospiti da ogni angolo della MEMORIA: dal cielo e dalle viscere di zarathustra piovono con grande impegno a contemplare le invenzioni delle magnanime idealità. Ognuno porta i suoi doni: dal pastore al re, l’intera storia è genuflessa. Dio! quante verità appaiono quali stelle virtuali di una storia senza tempo deflorando i diaframmi del TEMPO: con determinazione del regista si sono adagiate per libero percorso di identità soggettiva non conseguita, in attesa di una logica anti-logica, di cui l’immagine è, ora, solo simbolo e speranza dell’evento. Il regista si muove orbitando, trascolorando gli spazi: si attende una metamorfosi che non accade. La sua mano gestisce i suoni dei venti per cogliere in sintonia una fede migratoria tra i protagonisti, rapito a trattenere come foglia cadente, le fecondità dell’incertezza, o le retoriche di lucidi inganni…VARIUX MULTIPLEX MULTIFORMIS EVENTS. Ogni atto stellare gode di una personate logica compositiva: essi rabescano con SIMULTANEITA’ i cieli, si sovrappongono in un unicum di “diversi” compenetrati da mitiche implosioni verso l’ipocrisia dell’utilitario. Accade ciò che deve accadere: l’insieme delle FORME, colte nella speranza di vivere uno SPAZIO assoluto, ma non esperito, non supera la soglia del celibato, sicchè, l’evento si assenta, l’assurdo permane, e il tutto si fermenta nel cosmo della RAPPRESENTAZIONE autoescluso dal porsi atto sfuggente di “se”, nel sogno dell’antiessere…

 

Nicola Di Virgilio

 

La riconquista di un luogo Con una veste grafica totalmente nuova, curata da Cristina Chiappino, riprendiamo la pubblicazione di” ART E TRA”, grazie a Marco Vinicio Carelli che ci ha dato la possibilità di documentare in questo numero i risultati di “Rictus Vivants”, una serata-evento concepita appositamente per essere realizzata nei caratteristici spazi del Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea. Questa manifestazione, che ha visto la partecipazione di numerosi artisti,
accomunati da uno spirito di pluralità linguistica, ha avuto per me un significato del tutto particolare: mi ha dato l’opportunità di ritrovarmi con Marco Vinicio Carelli, Gino Marotta e Maurizio Mazzucco che, insieme ad altri grandi artisti e critici d’arte, ho avuto la fortuna di avere come insegnanti quando frequentavo l’Accademia di Belle Arti dell’Aquila, diretta negli anni ’70 da Piero Sadun. Dopo un’attività ultradecennale, svolta con grande impegno dalla nostra associazione, in quelle stesse aule dove si è svolta “Rictus Vivants” e dove i grandi nomi dell’avanguardia artistica italiana tenevano le loro lezioni, abbiamo voluto, grazie al Comune dell’Aquila. installare il Museo Sperimentale. Agli artisti un tempo insegnanti dell’Accademia, che non a caso, per una continuità anche simbolica, nello stesso luogo sono tornati ad esporre le loro opere ed il loro pensiero, se ne aggiungono in questa occasione, altri impegnati anch’essi nella sperimentazione di nuovi linguaggi, come Cristina Chiappino, Franco Zeri, Francesca Friso, Aldo Testi, Fernando Tornisiello. Lo stesso spirito di “Rictus Vivants” si ricollega infatti ad altre importanti manifestazioni che sempre negli spazi del museo abbiamo svolto negli anni passati, fra le quali mi piace ricordare le conferenze di Ferdinando Bologna e Tito Spini, le performances di Fabio Mauri, le mostre di Joseph Beuys, Sylvano Bussotti, Giuseppe Chiari, e la più recente su Carmelo Bene. Tutte iniziative tese a stabilire una continuità ideale con quanto di importante, dal punto di vista artistico, andava accadendo negli anni ’70 in Italia, a partire anche dall’Aquila e precisamente dagli spazi della ex Accademia, dove Gino Marotta ci ha fatto rivivere, con la sua lezione su “La bagneuse de Valpinçon” di In gres, quegli anni indimenticabili di grande vivacità nel campo della ricerca e sperimentazione artistica. Lo scopo del Museo è quindi quello di dare nuovamente all’arte la possibilità di accadere, di riguadagnare uno spazio che sembrava ormai perduto e dimenticato nel tempo. Ma l’arte si sa, come ha detto M. McLuhan, è qualcosa con cui si può sempre farla franca: raccogliendo le contraddizioni e le complessità della vita ci dà la forza e l’energia per riabitare i luoghi e riempirli di significati. Le proposte innovative di artisti e designer presentate in queste pagine – alcune portate avanti con l’uso delle prorompenti tecnologie digitali, di cui in termini scientifici e propositivi ci parla Franco Zeri – ci hanno fatto scoprire nuovi orizzonti con la capacità di far aleggiare nelle stanze del Museo lo spirito di un tempo. È quanto basta per continuare ad essere in pace con tutto ciò che ha reso sacro un luogo che avevamo rischiato di perdere, ma a cui oggi speriamo di poter dare, nel rispetto e nella continuità della nostra memoria, una nuova e più duratura identità.

 

Enrico Sconci
(“ArteTra” n. 6, maggio 1997)

 

Il complesso evento d’arte multimediale “Rictus Vivants”, che nello scorso Novembre è stato protagonista di una delle più innovative e seducenti proposte del Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea, rivive attraverso la ricca documentazione assemblata nel nuovo numero di ARTETRA. Sono lieto per l’opportunità che in tal modo viene offerta a un vasto pubblico di partecipare attivamente, anche sotto forma di riflessione critica, al processo di conoscenza meritoriamente sviluppato con la continuità e l’intelligenza del lavoro del Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea. Sono ancor più lieto di salutare, attraverso l’iniziativa di questo numero monografico dedicato a “Rictus Vivants”, la ripresa delle pubblicazioni di ARTERA, rivista che nel passato ha saputo distinguersi per la sua spiccata e originale capacità di incidere significativamente nella dinamica culturale aquilana. Nel compiacermi per la realizzazione, auspico che il ritorno in agone di ARTETRA sia lungamente fruttifero, nell’interesse di quello sviluppo del confronto dialettico sui fondamenti della cultura della “polis” che è sostanza e ragione prima della brillantezza creativa di cui la comunità aquilana va giustamente orgogliosa.

 

Antonio Centi
Sindaco de L’Aquila
(“ArteTra” n. 6, maggio 1997)

 

 

Rictus vivans

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