GIOCHI Mostra personale di Canzio Gentilucci

24 Marzo 1997

“giochi”

con
ANDREJ HANZELEWICZ, SIMONA CAVAGLIERI, LUCIANO DI GIANDOMENICO, BARTOLOMEO GIUSTI

Entrare in uno spazio da scoprire, da attraversare, pur attivando la curiosità, fa mantenere, inizialmente, un atteggiamento di velata difesa. Varcare la soglia significa già essere preda di un gioco di cui, però, non si conoscono le regole.
Le prime note, i movimenti seducenti, il canto modulato, invitano a seguire un sentiero invisibile che si snoda nella stanza.
Il percorso spaziale e quello temporale, sostenuti dai suoni, dalle immagini, dalle parole, catturano il fruitore e risvegliano in lui associazioni e fantasie.
I “GIOCHI” di Canzio Gentilucci hanno una forte impronta evocati va, partono da ricordi, da emozioni, che non hanno più una precisa collocazione nel vissuto, ma sono anche parte integrante della condizione presente e di proiezioni future. Il tempo è una successione di istanti, i quali possono accavallarsi, incontrarsi, distanziarsi, senza alcuna consequenzialità.
La logica, per l’autore, non è nella coerenza, perché la coerenza è abitudine, l’abitudine è abuso, l’abuso è abbrutimento dell’immaginazione; l’immaginazione è, invece, creatività, la creatività è poesia, la poesia è gioco.
Così come entrano in atto molteplici componenti emotive, allo stesso modo partecipano diversi mezzi dell’espressione artistica: il colore, la musica, la danza e, soprattutto, la poesia.
Ognuno recita un proprio ruolo, è personaggio di un evento e acquisisce consistenza nelle figure del musicista, della ballerina e dell’artista. Ma queste immagini appartengono ad una dimensione trascendente, sono trasfigurazioni pronte ad incessanti metamorfosi, richiamate anche dalle aspettative e dalle evocazioni di ogni fruitore.
Canzio Gentilucci istituisce con lo spettatore un rapporto dinamico, attuando itinerari diversificati e poliedrici, ma comunque in simbiosi fra loro.
Il processo finale conduce ad un’opera globale, che vuole andare oltre la semplice osservazione, per essere vissuta.

Sonia Barone

gentilucci

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