LA SCULTURA SOCIALE DI JOSEPH BEUYS Proiezioni video

16 Luglio 2002

Joseph Beuys (Krefeld 1921-Dusseldorf 1986) fin da giovane era interessato alla scienza e alla tecnologia. Con la guerra é costretto ad arruolarsi nell’esercito nazista come pilota bombardiere di Luftwaffe. Abbattuto sulla Crimea nel 1943 fu soccorso e curato dai tartari delle steppe che lo rianimarono cospargendolo di grasso, avvolgendolo nel feltro e alimentandolo con latte di orsa e miele. Un’esperienza che sarà elemento di riflessione e tratto simbolico di tutta la sua opera definendone la sua immagine di artista-demiurgo e di sciamano, capace di esplorare le forze della natura e di organizzarla e rappresentarle secondo modalità formali che si identificano con una nuova possibilità di visione del reale. Nelle opere di Beuys ritornano, quasi ossessivamente, elementi simbolici come cervi, orsi, renne, cigni, lepri, ferite, pietà, croci, attrezzi militari e sanitari; tra il 1958-1961 utilizza i materiali che più hanno caratterizzato i suoi lavori – rame, legno, feltro, grasso, miele, osso, zolfo, batterie e meccanismi diversi – con i quali crea oggetti o environement funzionanti come metaforici dispositivi energetici e mentali. Nel 1961 occupa la cattedra di scultura monumentale all’Accademia di Belle Arti di Dusseldorf, iniziando un’attività didattica destinata ad esercitare un’influenza marcata sul lavoro e le idee dei suoi allievi (soprattutto Polke, Richter, Palermo e Kiefer). Dal 1962 inizia l’incontro con alcuni esponenti del movimento dei FLUXUS (George Maciunas e Nam June Paik) e questo lo spinge a orientare la sua attività artistica verso l’ideazione e la realizzazione di numerose performances spettacolari di cui si segnalano le più importanti quelle eseguite nel decennio 1963-1974: Le silente de Marcel Duchamp est surestimé, 1963; Le Chef, 1963-1964; Comment expliquer la peinture à un lievre mort, 1965; Eurasia, 1966; I like America and America likes me – conosciuta anche come Coyote -, 1974. Joseph Buys ha percorso la sua ricerca in relazione alla sua visione della società umana come una “scultura sociale” e la sua come un’arte “antropologica” e “popolare” intrisa di uno “stato” permanente di creatività. Anche se l’influsso dell’espressionismo tedesco lo ha spinto verso il celebrativo individuale, egli ha tentato un’operazione corale cercando l’affermazione di una creatività sociale capace di rendere il mondo una scultura con ordinamento creativo e democratico.

Fonte di Guido Faggion. dal sito internet www.bta.it

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