Kounellis Jannis

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Nato nel Pireo (Grecia) il 23 marzo 1936, morto a Roma il 16 febbraio 2017.

Artista del comportamento, – scrive A. Bonito Oliva – lavora sul recupero poetico del mito, sull’uso mitico degli elementi primari, come il fuoco, e dei linguaggi originari, come la danza e la musica. Trasferisce i procedimenti della pittura nella fisicità di uno spazio reale, che acquista la composta fissità del quadro. Le sue performances tendono a sottolineare l’impiego diverso della sensibilità, intesa come capacità di percepire il mondo al duplice livello di natura e cultura.
Reagendo al gesto pittorico tradizionale, K. ha sviluppato una “misura” filosofica dell’arte, permeando la sua opera di molteplici associazioni formali e simboliche. Molte sue opere sono organizzate intorno al rapporto tra gli opposti principi di “struttura” e “sensibilità”. Alla struttura si riferiscono materiali inorganici rigidi quali il metallo, alla sensibilità materiali organici quali piante o animali. (Segno-dic.95).
Pochi artisti dell’arte contemporanea possono vantare una carriera altrettantanto lunga, e soprattutto completa quanto quella di Kounellis, questo artista greco di nascita , ma italiano d’adozione, può essere considerato come uno dei maggiori artisti di rilievo internazionale.
I grandissimi successi ottenuti nei più grandi musei del mondo, non ultimo per importanza quello ottenuto recentemente nel museo di Rivoli, lo fanno considerare a tutti come un “classico” del XX secolo. Negli anni ’60 si inserisce in un gruppo di giovani, quali Pascali, Pisani, De Dominicis, Paolini e tanti altri che reagiscono con la loro arte contro l’informale.
Il bianco e il nero sarà una delle chiavi dominanti dell’artista , in cui emerge la sua radice ancestrale greca, i materiali usati nelle sue installazioni ci fanno pensare alla presenza di preziosi reperti affiorati da lontani civiltà. Il ferro e il carbone sono per lui i materiali che meglio rievocano il mondo della rivoluzione industriale, i primordi della civiltà contemporanea.
Per tutto il ’68 e il ’69 Kounellis partecipa in pieno alla corrente dell’arte povera teorizzata da Germano Celant, espone di continuo alcuni ambienti legati alla celebrazione degli elementi primari della natura: una carboniera, un contenitore da cui spuntano pezzi di cotone, pietre, fuoco, lamiere bruciate ecc. fino ad arrivare ai sacchi di caffè esposti al museo di Rivoli. Al freddo minimalismo ed al macchinoso industrialismo americano ha sempre saputo contrapporre con la sua passione rivoluzionaria una cultura “calda” proveniente dall’Europa del sud, dall’Africa o dal Sudamerica (i cavalli, il pappagallo, i cactus).
Kounellis ha sempre praticato “l’Arte come urto e come urlo che cerca nei fatti il punto di frattura e di confine, dove la furia del singolo trapassa nella storia e nel sociale, come opposizione e critica al mostruoso universo del conformismo”. (G. Celant)
Tutte le sue installazioni e performances tendono a sottolineare l’impiego diverso della sensibilità tesa ad visione del mondo in cui la cultura si ricongiunge alla natura.


Kounellis

Un capitano di quindici anni – i viaggi straordinari di Jules Verne

fotolito 78/300

35 x 50 cm

1980

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Precombustione

carbone e carta oleata 64/80

50 x 70 cm

1992

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La via del sangue

Edizione d’arte Collana di Perle

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Dalle opere di Jannis Kounellis, presenti nella collezione del Muspac, possiamo stendere un piccolo profilo sull’artista e sulla sua ideologia.
Protagonista dell’ Arte Povera, nasce nel 1936 al Pireo (Atene). Nel 1956 si trasferisce a Roma per studiare all’Accademia di Belle Arti ed entrare a contatto con il vivace ambiente artistico e culturale della capitale che gli permette nel 1960 di esporre alla galleria “La Tartaruga” dove ricordiamo i suoi primi grandi quadri con lettere e segni urbani a smalto nero.
In seguito, le sue opere rappresenteranno il faticoso tentativo di mantenere raccolto ed unito un linguaggio comune sconvolto dall’impatto della produzione di massa che si diffondeva nella Pop Art.
“Artista del comportamento” (A.B.O.), Kounellis lavora sul recupero del poetico nel mito servendosi di materiali naturali ed elementi primari che riconducono alle nostre origini, che
fanno parte della nostra terra. Fuoco, legno, ferro, carbone, caffè e quant’altro denotano realisticamente un legame con la natura e con la storia. Oggetti che ci fanno pensare a preziosi reperti affiorati da lontane civiltà.
Le sue opere sprigionano energia, odori, rumori: la vita e il divenire entrano materialmente nel lavoro dell’artista.
Come scrive Germano Celant, fondatore dell’arte povera, Kounellis ha sempre praticato “l’Arte come urto e come urlo che cerca nei fatti il punto di frattura e di confine, dove la furia del singolo trapassa nella storia e nel sociale, come opposizione e critica al mostruoso universo del conformismo”.
Tutte le sue installazioni e performances  tendono a sottolineare l’impiego diverso della sensibilità, tesa ad una visione del mondo in cui la cultura si ricongiunge alla natura.
Ma per Kounellis, “una cosa è avere un’idea del mondo e una cosa è viverlo. Lo scambio del dare e avere quotidiano crea le prospettive culturali, ma anche la storia. Dunque, oltre a scoprire il mondo, bisogna imparare a viverlo.”
Pochi artisti dell’arte contemporanea possono vantare una carriera altrettanto lunga e completa quanto quella di Kounellis. Questo artista, greco di nascita ma italiano di adozione, può essere considerato come uno dei maggiori artisti di rilievo internazionale.

Martina Sconci

 

BIANCO-NERO/FREDDO-CALDO

Mostra d’arte contemporanea di Jannis Kounellis

1 Dicembre 1988 -20 Marzo 1989

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AD USUM FABRICAE 

Mostra d’Arte Contemporanea a cura di Gianni Fileccia e Tullio Catalano

Settembre – Ottobre 1995

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